martedì 27 marzo 2012

GOVERNO TECNICO E MESSA TRA PARENTESI DI BERLUSCONI: COSTITUENTE ARISTOCRATICA VS. DEMOCRAZIA POPOLARE /2

(segue) Un’analisi attenta dell’operato del governo Monti deve condursi necessariamente su due piani: quello della comunicazione politica e quello dell’azione concreta.

Sul piano comunicativo, questo esecutivo “tecnico” si è fin da subito presentato come il classico medico che non deve far altro che somministrare l’unica terapia possibile, per provare a salvare il paziente Italia da morte certa. Abbiamo già visto come questo modo di presentarsi abbia trovato e ancora trovi ampio risalto e cassa di risonanza nei media mainstream, con la lodevole eccezione delle poche voci che coraggiosamente si sottraggono al coro incensante.

Avendo già sufficientemente chiarito quanta esagerazione ed esasperazione ci sia stata nel descrivere la ‘malattia’ del Paese e la necessità e l’univocità della terapia da somministrare, vedremo ora, in concreto come l’azione politica dell’esecutivo Monti risulti in sostanziale continuità con i programmi e gli interessi del precedente esecutivo e quanto, di conseguenza, sia folle e potenzialmente suicida la scelta del Partito Democratico di assecondare questo progetto di restaurazione aristocratica.

Prima di entrare nel merito, però, è necessaria una premessa esplicativa di metodo: abbiamo già più volte fatto riferimento a questa idea di restaurazione aristocratica che, con la messa tra parentesi di Berlusconi, viene a contrapporsi alla democrazia popolare. In realtà, si potrebbe anche far ricorso al lessico marxiano e descrivere il corso degli eventi come un caratteristico sviluppo del conflitto tra capitale e lavoro e, più esattamente, tra la classe che ha accumulato capitali per generazioni e quella dei lavoratori salariati. Solo che la sfrontatezza con cui, oggi, le ricche oligarchie difendono i propri privilegi, contando sulla capacità di controllo e manipolazione dell’opinione pubblica, assicurata dal coro mediatico, rende prioritario porre l’accento sulla natura stessa di un ordinamento democratico che, di fatto, tende a cancellare un’autentica possibilità di scelta.

Per essere ancora più espliciti, la domanda che si impone al momento è questa: può ancora dirsi democratico un ordinamento che non consente opzioni di scelta realmente differenti?

Perché il nocciolo della questione è tutto qui: può dirsi democratico, un governo sedicente tecnico che propone ricette politiche che, quand’anche vengano discusse, in ogni caso, poi, saranno attuate secondo i piani predefiniti, anche se questi piani peggioreranno le condizioni di vita della maggioranza dei cittadini costretti a subirle?

Per comprendere a pieno il senso e l’urgenza di questa domanda è il caso allora di passare finalmente in rassegna ciò che ha fatto, fin qui, il governo Monti, cosa si propone di fare, come spaccia per inevitabili e assolutamente buone le proprie ricette ― con la complicità di una informazione che, per lo più, sembra aver smarrito per strada ogni capacità critica e di giudizio ― e quali sono invece le nefaste conseguenze logiche di queste scelte politiche, che vengono volutamente taciute o messe ai margini di ogni discorso sull’argomento.

Cominciamo dalla manovra economica all’insegna del tanto anelato “pareggio di bilancio”. Estrapolando i dati più significativi dall’ottima sintesi realizzata da Quattrogatti.info (18) si scopre subito che i tre quarti della manovra consistono in nuove tasse (19). All’insegna dell’equità (20) come annunciato? Vediamo. I carichi del prelievo aggiuntivo sono stati così distribuiti (21): Tassazione beni di lusso = 2% vs. Accise & Tabacchi = 22%; Tassazione strumenti finanziari e beni esteri = 5% vs. IMU e rivalutazione catastale (in sostanza: la nuova ICI anche sulle prime case) = 44%. Sul versante residuale delle minori spese (22): i due terzi dell’intervento gravano sui pensionati.

Numeri, non ipotesi (23). Dati che, giova chiarirlo, mostrano come la volontà dichiarata di mettere in linea entrate e spese previste si sia realizzata, in sostanza, con un taglio alla spesa pubblica di 9 miliardi di euro che è quasi interamente ― per il 66% del totale (il resto sono quasi tutti tagli ai trasferimenti agli enti locali) ― messo a carico di pensionati e pensionandi.

Ma è soprattutto con le nuove tasse, ripetiamo, che si è realizzato l’equilibrio d bilancio. E, indubbiamente, l’equità non può certo essere data da questi numeri: su circa 26 miliardi di nuove entrate, anche qui, i due terzi finiscono con gravare diffusamente sulla cittadinanza. Scegliere infatti di prendere il 44% di queste nuove entrate dalla tassazione delle abitazioni di proprietà e un altro bel 22% da accise (si pensi soprattutto ai carburanti) e tabacchi e non di andare a incidere pesantemente sulla rendita finanziaria e immobiliare a quale ragione tecnica (e non squisitamente politica) dovrebbe rispondere?

Tenendo bene a mente che in Italia la Costituzione riconosce espressamente, all’art 53, il principio della progressività delle imposte (24), ha senso realizzare il pareggio di bilancio a danno dei cittadini consumatori, dei pensionati e dei proprietari di unità immobiliari in cui risiedono (ossia la casa familiare, spesso acquisita faticosamente con mutui ultra-decennali)?

Dalla sola rendita ― quella immobiliare, recentemente stimata in 1700 miliardi di euro, e quella finanziaria addirittura in 2700 miliardi (25) ― si sarebbe potuto ottenere agevolmente la quota messa a carico dei piccoli proprietari e si sarebbe potuto benissimo anche evitare l’ennesimo taglio alla spesa pensionistica.

Se, dunque, si analizza il modo in cui si è scelto di distribuire i famigerati sacrifici da fare per risanare i conti pubblici, emerge chiaramente quel contrasto che in USA i movimenti hanno sintetizzato nella formula del “We are the 99%” (26) di cittadinanza costretta a vedere peggiorare le proprie condizioni di vita, in situazioni di crisi economica, per mantenere intatti i privilegi dell’1% più ricco. Va detto, poi, che questo slogan, per il caso italiano, può essere facilmente tradotto in una misura precisa e attendibile, essendo di pubblico dominio (anche se mai sufficientemente pubblicizzato) il dato registrato dalla Banca d’Italia (27) di quel 10% di famiglie italiane che possiede circa il 45% della ricchezza complessiva del Paese. Ed è curioso che quasi nessuno osservi come la scelta di questo governo di non chiedere il surplus di sacrifici ai rentiers, si configuri come un chiaro esempio di conflitto di interessi, visto che il primo tenutario di rendite finanziarie e immobiliari è lo stesso Presidente del Consiglio in carica (28) e considerato che anche i suoi ministri non se la passano affatto male, da questo punto di vista (29).

Ricapitolando: il governo del 10% degli Italiani più ricchi definisce “salva Italia” (30) una manovra economica che prevede il pareggio di bilancio nel 2014, ma mettendo il grosso del conto da pagare a carico dei ceti medio-bassi e promettendo contestualmente una pronta azione per lo sviluppo economico.

Pur essendo guidato da un economista di chiara fama, però, commette l’errore tecnico di ridurre la capacità di spesa di milioni di cittadini italiani, con questo intervento fiscale. La recessione economica ― ormai riconosciuta e certificata (31) ― dunque era tutt’altro che imprevedibile, nel suo consolidarsi. E sia chiaro: se la manovra fosse stata caricata interamente sulle rendite e sui grandi patrimoni, l’effetto depressivo sulla domanda interna (che decresce in corrispondenza del minor potere di spesa delle famiglie tassate a vario titolo) non si sarebbe prodotto e, oggi, sarebbe meno arduo invertire la tendenza recessiva.

Nondimeno il governo ha una sua ricetta anche per bloccare la recessione economica (32):
«Il decreto legge rinominato dal presidente del Consiglio Monti “Cresci Italia” consentirà nel breve periodo, di traghettare l’economia nazionale fuori dalla spirale recessiva e possibilmente, nel medio/lungo periodo, di allinearla ai ritmi di crescita dei partners europei e internazionali».
Si tratta del famoso provvedimento sulle liberalizzazioni, immediatamente sommerso da una pioggia di migliaia di emendamenti (33), dato che le categorie interessate ― a cominciare da quegli avvocati che in parlamento hanno un’ampia rappresentanza corporativa ― hanno scelto di dar fondo «alle loro risorse di lobbying, scatenando i propri rappresentanti in Commissione».

Come è andata a finire? Lo stesso Monti (34) si è espresso in questi termini, in proposito:
«La disciplina di queste materie per molti aspetti è stata migliorata nel corso dell’esame al Senato, a seguito di costruttivi interventi dei gruppi parlamentari e anche di singoli parlamentari».
Il provvedimento, però, è ancora in fase di approvazione definitiva e, quindi, ogni previsione sui suoi esiti possibili sarebbe doppiamente azzardata, potendo benissimo sparire o cambiare il singolo caso preso in esame.

Di certo, a noi non sembra che le contrastatissime azioni in materia di farmacie, taxi, carburanti, avvocati e notai possano realizzare chissà quale rivoluzione o anche solo significativo progresso per la cittadinanza, ma attendiamo fiduciosi che le norme vadano stabilmente in porto, con la conversione in legge del decreto, e che dispieghino pienamente i propri effetti di medio periodo, per dare una valutazione più compiuta.

Vanno fin d’ora registrate, però, le perplessità della Ragioneria dello Stato sulla copertura economica di alcune delle modifiche apportate al decreto dal Senato (35) e la questione spinosa delle commissioni bancarie omnicomprensive.

La scorsa settimana, il sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, sul punto si esprimeva così (36):
«La posizione del Governo è nota: quella sulle commissioni bancarie è una norma votata dal Parlamento. Naturalmente il parere del Governo era contrario. Se il Parlamento riterrà di modificare la norma noi saremo assolutamente favorevoli a modificarla. Tutto qui. Non ci sono novità».
Cos’è successo esattamente, dunque?

Uno dei tanti emendamenti al decreto liberalizzazioni votati in Senato ha sancito (37) una invalidazione generale di
«tutte le clausole, comunque denominate, che prevedano commissioni a favore delle banche a fronte della concessione di linee di credito, della loro messa a disposizione, del loro mantenimento in essere, del loro utilizzo anche nel caso di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido».
La norma ― lo ribadiamo: votata con parere contrario del Governo ― avrebbe permesso insomma di annullare tutti quegli escamotage con i quali le banche, di fatto, hanno aggirato la precedente abrogazione delle cosiddette commissioni di massimo scoperto.

Tuttavia, la reazione scomposta (dimissioni, poi, congelate) e la pressione continua dei vertici dell’ABI hanno portato il governo a scegliere di mettere in campo un apposito decreto, teso a neutralizzare questa norma (38): come dire? Tutti dobbiamo fare i necessari sacrifici per il bene dell’Italia, ma le banche devono comunque continuare a fare ingenti profitti…

Mettendo da parte il sarcasmo, però, già a questo punto, al lettore, dovrebbe risultare ormai sufficientemente chiaro come e quanto l’azione di questo esecutivo sia tutt’altro che neutrale, una volta visti gli interessi che va a toccare senza esitazioni e quelli intoccabili (o quasi).

La sostanziale convergenza con le politiche programmatiche del governo uscente è lampante e, d’altro canto, che Mario Monti potesse essere definito come un uomo di destra, pur non essendo affatto devoto a Silvio Berlusconi, lo si poteva ben comprendere leggendo questo suo articolo dell’anno scorso (39), in cui accostava Berlusconi a Marx (sic!), liquidandoli come due illusionisti, e contestualmente esaltava la concretezza dell’azione politica di Sergio Marchionne e di Maria Stella Gelmini… E, sia chiaro, Monti era uno che in Berlusconi inizialmente ci aveva creduto, come lui stesso ricordava, nell’articolo appena citato: nel 1994, salutando con speranza l’avvento al governo dell’imprenditore ‘prestato’ alla politica, Monti gli dava fiducia; come potenziale campione del liberismo (40), ma gli dava fiducia.

Resta sul tavolo un interrogativo decisivo per la comprensione della complessa partita politica che si sta giocando al momento nel Paese: com’è possibile che la mera messa tra parentesi di Berlusconi risulti sufficiente, a pezzi significativi dell’opposizione partitica e sociale, per sposare ciecamente la causa montiana? Come è possibile che quella stessa stampa ‘autorevole’ che ha denunciato per anni le tante nefandezze berlusconiane, dimentichi tutto da un giorno all’altro, quasi come se Berlusconi fosse svanito nel nulla, e sostenga il governo Monti, appunto, come se la tenuta di questo governo non dipendesse dalla folta pattuglia parlamentare berlusconiana?

La risposta a questa domanda, per quanto possa suonare sgradevole, sta appunto nella convergenza di interessi economici e di potere che è alla base della fallita svolta bipartitica tentata nel 2008. L’idea era quella di ridurre la dialettica politica allo scontro tra due sole opzioni partitiche, con politiche programmatiche sostanzialmente omogenee, dato che la contesa politica si sarebbe dovuta svolgere tutta e sola, spostando un po’ più destra o un po’ più a sinistra quell’ipotetica fascia di elettorato moderato e pragmatico che, di volta in volta, avrebbe scelto di votare il candidato in grado di realizzare al meglio quel programma che, in fondo, più o meno, è sempre lo stesso: più mercato e meno Stato.

Al netto delle forzature richieste dallo sforzo di sintesi, il nocciolo della questione è appunto questo: la supremazia incontestabile del mercato, con annessa riduzione di tutto ciò che è intervento pubblico e stato sociale. D’altra parte ― una volta esclusa la possibilità di incrementare le entrate, tassando le rendite e i grandi patrimoni ― il dogma dell’azzeramento del debito pubblico mediante riduzione della spesa pubblica, a cosa porta, se non allo smantellamento del Welfare? E da questo smantellamento chi altri ne trarrebbe profitto, se non chi ha capitali da investire in quei nuovi profittevoli settori di mercato che si vengono così a creare? Una volta smantellata la scuola e l’università pubblica, chi ne trarrebbe immediato giovamento se non coloro che già hanno investito e ulteriormente potrebbero investire nel settore, facendosi pagare profumatamente il servizio offerto? Idem dicasi per la sanità, per la spesa previdenziale e assistenziale, per le energie, i trasporti, i servizi pubblici essenziali e finanche per l’acqua, mercato preziosissimo, essendo legato a un bene letteralmente vitale.

L’obiettivo politico, dunque, è di assoluta evidenza: declinare la democrazia dell’alternanza, offrendo una scelta che appaia tale soltanto da un punto di vista formale, svolgendosi, poi, in realtà, tra due sole ‘opzioni’, ma fittizie, in quanto identiche nella sostanza. E se, nonostante tutti gli artifici manipolativi introdotti (compresa quella famigerata legge elettorale ora riconosciuta come indecente dalle stesse persone che l’hanno creata e che ne hanno direttamente beneficiato), questo progetto del bipartitismo coatto della falsa alternanza fallisce ― perché le forze partitiche non si riducono a due (41) e la società civile si organizza fuori dai partiti, riuscendo persino a far rivivere l’istituto referendario (42) ― allora si può anche mettere da parte la logica dell’alternanza e puntare tutto sull’unità politica necessitata delle forze auto-proclamatesi “più responsabili”.

Responsabili verso cosa e per soddisfare quali necessità, fermo restando quanto già chiarito fin qui, lo si capirà ancora meglio, esaminando la cosiddetta terza fase dell’attività dell’esecutivo.


Giuseppe D'Elia

 per L'Indiependente.it 


«È vero che, formalmente, 
il parlamentarismo deve servire ad esprimere 
nell'organizzazione statale 
gli interessi di tutta la società. 
Ma d'altro lato 
esso è un'espressione soltanto della società capitalistica, 
cioè di una società 
nella quale sono preponderanti 
gli interessi capitalistici. 
Le istituzioni formalmente democratiche 
diventano con ciò sostanzialmente 
strumenti degli interessi della classe dominante. 
E questo si palesa in modo evidente 
nel fatto che, 
non appena la democrazia 
tende a smentire il suo carattere classista 
ed a trasformarsi 
in uno strumento dei reali interessi del popolo, 
le stesse forme democratiche 
vengono sacrificate 
dalla borghesia 
e dalla sua rappresentanza statale».
________________________________________________________

(18) http://www.scribd.com/doc/76329142/La-manovra-del-governo-Monti-Quattrogatti-info

(19) http://s3.amazonaws.com/data.tumblr.com/tumblr_lwvd7gYcpo1qc3cneo2_1280.png

(20) http://www.dirittodicritica.com/2011/11/18/monti-senato-rigore-equita-famiglie-risparmio-fiducia-49973/

(21) http://s3.amazonaws.com/data.tumblr.com/tumblr_lwvd7gYcpo1qc3cneo4_1280.png

(22) http://s3.amazonaws.com/data.tumblr.com/tumblr_lwvd7gYcpo1qc3cneo5_1280.png

(23) http://seideegiapulp.tumblr.com/post/14864430952/la-composizione-della-manovra-monti-in-7#

(24) http://www.quirinale.it/qrnw/statico/costituzione/costituzione.htm

(25) http://www.linkiesta.it/patrimoniale-immobili-tassa-ricchezza

(26) http://seideegiapulp.blogspot.it/2011/10/uniti-per-un-cambiamento-globale.html

(27) http://bit.ly/GEXbN0

(28) http://www.governo.it/Presidente/patrimoniale/Dichiarazione_Monti.pdf

(29) http://www.iltempo.it/politica/2012/02/22/1324131-redditi_monti_banca_milioni.shtml?refresh_ce

(30) http://www.youtube.com/watch?v=7mjHyXcUaoQ&t=4m03s

(31) http://www.julienews.it/notizia/economia-e-finanza/istat-italia-in-recessione-tecnica/105446_economia-e-finanza_4_1.html

(32) http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/cresci_italia/

(33) http://www3.lastampa.it/economia/sezioni/articolo/lstp/442115/

(34) http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/cresci_italia/intervento_monti_camera20120315.html

(35) http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=186714

(36) http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-03-14/commissioni-azzerate-intravedono-possibili-152926.shtml?uuid=AbB1Iv7E

(37) http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-02-29/banche-stretta-linee-credito-063622.shtml?uuid=AadjLUzE

(38) http://www.milanofinanza.it/news/dettaglio_news.asp?id=201203212137593380&chkAgenzie=TMFI&sez=news&testo=&titolo=Banche,%20arriva%20la%20norma%20salva-commissioni

(39) http://www.corriere.it/editoriali/11_gennaio_02/monti-meno-illusioni-per-dare-speranza-editoriale_07bad636-1648-11e0-9c76-00144f02aabc.shtml

(40) http://archiviostorico.corriere.it/1994/maggio/08/liberismo_con_rigore_co_0_9405085267.shtml

(41) http://www.sondaggipoliticoelettorali.it/asp/visualizza_sondaggio.asp?idsondaggio=5293

(42) http://friendfeed.com/referendum-giugno-2011/ccc1f705/altro-che-effetto-fukushima-referendum-4-si