giovedì 30 settembre 2010

Blog Awards. Il trionfo di Spinoza. Fb miglior community


Nel corso della BlogFest di Riva del Garda, questo fine settimana, sono stati assegnati i Macchianera Blog Awards 2010, i riconoscimenti conferiti dagli utenti del web ai migliori blog e servizi internet correlati. Quello che gli organizzatori definiscono come un "evento che riunisce, ogni anno, tutto ciò che in Italia gravita attorno alle community della rete, che abbiano origine dai blog, da Facebook, da Twitter, dalle chat e dai forum e da qualsiasi altra forma sociale di comunicazione", tenutosi in una cittadina completamente coperta dal wi-fi, in modo da agevolare la possibilità dei partecipanti di restare sempre online, è in realtà una tre giorni di incontri, avvenimenti, conferenze, etc. che non si esaurisce certo nella consegna dei premi, ma che tuttavia ha in questo momento un elemento di indubbio interesse. Ventotto le categorie considerate; cinque (talvolta dieci) le nomination selezionate per ognuna di esse, in una precedente sessione di web-voto. "Miglior Blog" dell'anno è Spinoza, vincitore anche nella categoria "Miglior Blog collettivo" e "Miglior post" (con "Celere alla celere"). Alessandro Gilioli è il "Blogger dell'anno", mentre Metilparaben viene premiato come "Blog rivelazione". Facebook si aggiudica il titolo per la "Migliore community", mentre la piattaforma Wordpress prevale nella categoria ibrida "Miglior Social Network o Servizio per i Blog". Leonardo è il "Miglior Blog d'opinione", Freddie Nietszche il "Miglior Blog personale". Come "Miglior blog politico" si registra la netta vittoria di Nichi Vendola (che stacca Di Pietro e Civati). Il Post è il "Miglior Blog giornalistico", Il Fatto Quotidiano la "Miglior Testata Giornalistica online". Repubblica.it è il "Miglior servizio mobile", mentre il Passaparola di Travaglio viene votato come "Miglior Podcast/Trasmissione radio". Il "Cattivo più temibile della blogosfera"? Uomo morde cane. A Luttazzi, infine, tocca il premio beffa di "Miglior Blog andato a puttane". Su liquida.it la (...) 

Giuseppe D'Elia

giovedì 23 settembre 2010

Scuola di Adro, la Rete dice no ai simboli di partito


La buona notizia è che, seppur a fatica, una volta tanto la ragionevolezza sembra prevalere, in Italia, stante la recente presa di posizione da parte del ministro Gelmini, che si è tradotta in un invito formale a rimuovere i simboli leghisti dalla scuola di Adro. Comune di Adro, nel bresciano. Lo stesso che già si era segnalato, in passato, per una serie di iniziative, della giunta leghista, palesemente discriminatorie nei confronti dei residenti extracomunitari: taglie sui clandestini, come nel Far West hollywoodiano; prestazioni sociali "riservate" illegittimamente ai soli cittadini comunitari; l'emarginazione dalla mensa scolastica dei bambini colpevoli di avere genitori (per lo più stranieri) non in grado di pagare la retta con regolarità.
Ed è proprio la sfacciataggine con cui si arriva ormai a coinvolgere anche l'infanzia in questo tipo di operazioni propagandistiche che deve farci comunque apprezzare la correzione di rotta del ministro. In un primo momento, infatti, la Gelmini non ha resistito alla tentazione tutta italiana di non limitarsi a considerare il fatto in sé, ma di provare sempre a caratterizzarlo polemicamente, controbilanciandolo con un'iperbole politicista di segno opposto (togliamo i simboli leghisti, ma anche quelli della sinistra), creata a uso e consumo di una sorta di campagna elettorale permanente. Tuttavia – probabilmente in risposta al crescente disappunto popolare (la campagna web "Cancelliamo con le firme i simboli padani", proposta da "Il Fatto Quotidiano", ha avuto immediato successo) manifestato nel Paese – ora l'invito alla rimozione dei simboli di partito dalla scuola è stato ribadito con maggiore nettezza e, tutto sommato, va bene così.
D'altra parte, davvero risibili erano le giustificazioni addotte dal sindaco per mistificare la vera natura di questa operazione politica (il Sole delle Alpi "non è un simbolo leghista"). Come molti hanno sottolineato in Rete, anche la svastica rappresentava il sole prima di (...) 

Giuseppe D'Elia

giovedì 16 settembre 2010

Fischi e contestazioni politiche: il dibattito in Rete


Sarà la persistenza della crisi economica, sarà l'ipotesi di un possibile ricorso a elezioni anticipate, fatto sta che le ultime settimane hanno registrato frequenti episodi di contestazione politica, di cui la Rete si è occupata con discreto interesse. C'è da dire innanzitutto che i protagonisti non hanno molto in comune: Dell'Utri, Schifani e Bonanni, infatti, sono tre figure non marginali del panorama politico italiano, ma con storie piuttosto diverse. Al vecchio amico del premier i contestatori non perdonano la condanna (salvo Cassazione) per concorso esterno in associazione mafiosa e, contestualmente, l'operazione di rivalutazione postuma del fascismo che costui ha messo in atto, pubblicando dei diari del duce, valutati da più esperti come un falso storico. Per il sindacalista Bonanni l'accusa è chiaramente quella di non fare gli interessi dei lavoratori. Ma per il presidente del Senato già diventa più sfumata – vecchi rapporti professionali coi mafiosi? – la ragione di un dissenso così veemente. Al punto che non è escluso che quei fischi vadano anche al PD dialogante, in un momento in cui molti suoi elettori si aspetterebbero invece una netta spallata al governo traballante.
Sia come sia, il dibattito nel web si è incentrato in particolare su forme e limiti di queste manifestazioni di dissenso. In sostanza, ci si è interrogati su come far convivere libertà di parola ed esercizio del dissenso. Nell'impossibilità di riportare tutte le opinioni, una sintesi non dogmatica ci sembra quella di Gaetano Alessi del blog "Ad Est on line" che soprattutto si chiede quali siano "i limiti di sopportazione di un popolo nei confronti dell'arroganza del potere" e dove tracciare "la linea di demarcazione tra giusto esercizio di dialettica e sopraffazione". Anche perché di fronte a un corto circuito politico-informativo che (...) 

Giuseppe D'Elia

giovedì 9 settembre 2010

Visita di Gheddafi, la denuncia di Torsello


Fatica a spegnersi l'eco indignata che in Rete si è registrata in occasione della recente visita italiana del caro "amico" Gheddafi. Tra le migliaia di pagine web postate sull'argomento, molto scalpore e ampia condivisione hanno suscitato le parole di Emilio Fabio Torsello, uscite su dirittodicritica.com.
In una "lettera aperta ai colleghi giornalisti", Torsello denuncia, senza giri di parole, la scelta dei principali organi di informazione nazionale di dare quasi un taglio da show alla descrizione dell'evento. Solo che non c'è nulla di spettacolare in questa vicenda. Perché "Gheddafi è un dittatore. Non un comico. Non un attore. Non un saltimbanco. " un dittatore". Dato che "nel nostro mestiere la scelta delle parole è fondamentale" - le parole "come un tarlo scavano la mente delle persone e la percezione che queste hanno della realtà" - è mai possibile, si chiede Torsello, ridurre Gheddafi a una sorta di personaggio da operetta? E tutto questo "dopo Lockerbie, dopo i silenzi su Ustica, dopo i missili contro Lampedusa, dopo il vergognoso trattato di 'amicizia' con l'Italia e la sistematica violazione dei diritti umani ai danni dei migranti in Libia".
Su quest'ultimo aspetto, poi, nei blog e nei social network, l'esosa pretesa avanzata dal despota libico di farsi pagare "almeno 5 miliardi di euro l'anno", per controllare le migrazioni di massa dall'Africa all'Europa, è stata stigmatizzata sottolineando il modo in cui la Libia attua questo cosiddetto controllo. E in diversi hanno, infatti, rilanciato il filmato choc "Morire nel deserto" curato da Fabrizio Gatti per L'Espresso, perché nulla è più efficace di quelle immagini di morte per far comprendere il dramma esistenziale dei popoli migranti. In proposito, infine, è dall'agenzia di stampa della Cei che arriva il monito più netto, laddove (...) 

Giuseppe D'Elia

giovedì 2 settembre 2010

Facebook fan page, Vendola supera Berlusconi


La notizia è di qualche giorno fa e il distacco non è enorme, ma, su Facebook, Vendola ha superato Berlusconi per numero di fan, dando così ancora più concretezza a quell'immagine di politico "più amato nella Rete", con cui si presenta pubblicamente, già da qualche tempo. Certo è bene precisare subito che non c'è alcuna pretesa di scientificità in un dato che, invece, va inteso più come utile riferimento per saggiare gli umori del web. 
La classifica completa è disponibile sul blog di Daniele Baroncelli, al link "Politici su Facebook". Il primo dato che balza agli occhi è l'assenza dalla top ten – praticamente, dai 50mila fan in su – di alcuni dei principali leader. Non solo manca Bossi, che sembra snobbare il mezzo (non risulta presente in classifica – forse per assecondare il mito del radicamento sul territorio del partito del Nord, chissà), ma anche l'autoproclamatosi ago della bilancia Casini e persino il segretario del PD restano fuori dalle prime posizioni. Bersani è quindicesimo. Casini addirittura solo ventiquattresimo. Fini è settimo, ma in crescita (il che rende lecito desumere che l'espulsione dal PdL non lo abbia penalizzato). 
I primi del PD sono De Luca (ottavo) e la Serracchiani (undicesima). Il PdL piazza nei primi dieci anche Brunetta (sesto) e la Gelmini (decima). L'IdV ha Di Pietro e De Magistris, rispettivamente terzo e quarto (circa centotrentamila sostenitori per il fondatore; novantacinquemila per l'eurodeputato). 
I due top leader, Vendola e Berlusconi, al momento del sorpasso, si attestano attorno ai 230mila fan. Ma l'elemento che gioca decisamente a favore di Vendola è l'analisi dei trend. Berlusconi è in costante decrescita da maggio, mentre Vendola (sopra i 240mila, ora), nello stesso periodo, cresce al ritmo di un nuovo fan al minuto. 

Giuseppe D'Elia