giovedì 9 settembre 2010

Visita di Gheddafi, la denuncia di Torsello


Fatica a spegnersi l'eco indignata che in Rete si è registrata in occasione della recente visita italiana del caro "amico" Gheddafi. Tra le migliaia di pagine web postate sull'argomento, molto scalpore e ampia condivisione hanno suscitato le parole di Emilio Fabio Torsello, uscite su dirittodicritica.com.
In una "lettera aperta ai colleghi giornalisti", Torsello denuncia, senza giri di parole, la scelta dei principali organi di informazione nazionale di dare quasi un taglio da show alla descrizione dell'evento. Solo che non c'è nulla di spettacolare in questa vicenda. Perché "Gheddafi è un dittatore. Non un comico. Non un attore. Non un saltimbanco. " un dittatore". Dato che "nel nostro mestiere la scelta delle parole è fondamentale" - le parole "come un tarlo scavano la mente delle persone e la percezione che queste hanno della realtà" - è mai possibile, si chiede Torsello, ridurre Gheddafi a una sorta di personaggio da operetta? E tutto questo "dopo Lockerbie, dopo i silenzi su Ustica, dopo i missili contro Lampedusa, dopo il vergognoso trattato di 'amicizia' con l'Italia e la sistematica violazione dei diritti umani ai danni dei migranti in Libia".
Su quest'ultimo aspetto, poi, nei blog e nei social network, l'esosa pretesa avanzata dal despota libico di farsi pagare "almeno 5 miliardi di euro l'anno", per controllare le migrazioni di massa dall'Africa all'Europa, è stata stigmatizzata sottolineando il modo in cui la Libia attua questo cosiddetto controllo. E in diversi hanno, infatti, rilanciato il filmato choc "Morire nel deserto" curato da Fabrizio Gatti per L'Espresso, perché nulla è più efficace di quelle immagini di morte per far comprendere il dramma esistenziale dei popoli migranti. In proposito, infine, è dall'agenzia di stampa della Cei che arriva il monito più netto, laddove (...) 

Giuseppe D'Elia