giovedì 23 settembre 2010

Scuola di Adro, la Rete dice no ai simboli di partito


La buona notizia è che, seppur a fatica, una volta tanto la ragionevolezza sembra prevalere, in Italia, stante la recente presa di posizione da parte del ministro Gelmini, che si è tradotta in un invito formale a rimuovere i simboli leghisti dalla scuola di Adro. Comune di Adro, nel bresciano. Lo stesso che già si era segnalato, in passato, per una serie di iniziative, della giunta leghista, palesemente discriminatorie nei confronti dei residenti extracomunitari: taglie sui clandestini, come nel Far West hollywoodiano; prestazioni sociali "riservate" illegittimamente ai soli cittadini comunitari; l'emarginazione dalla mensa scolastica dei bambini colpevoli di avere genitori (per lo più stranieri) non in grado di pagare la retta con regolarità.
Ed è proprio la sfacciataggine con cui si arriva ormai a coinvolgere anche l'infanzia in questo tipo di operazioni propagandistiche che deve farci comunque apprezzare la correzione di rotta del ministro. In un primo momento, infatti, la Gelmini non ha resistito alla tentazione tutta italiana di non limitarsi a considerare il fatto in sé, ma di provare sempre a caratterizzarlo polemicamente, controbilanciandolo con un'iperbole politicista di segno opposto (togliamo i simboli leghisti, ma anche quelli della sinistra), creata a uso e consumo di una sorta di campagna elettorale permanente. Tuttavia – probabilmente in risposta al crescente disappunto popolare (la campagna web "Cancelliamo con le firme i simboli padani", proposta da "Il Fatto Quotidiano", ha avuto immediato successo) manifestato nel Paese – ora l'invito alla rimozione dei simboli di partito dalla scuola è stato ribadito con maggiore nettezza e, tutto sommato, va bene così.
D'altra parte, davvero risibili erano le giustificazioni addotte dal sindaco per mistificare la vera natura di questa operazione politica (il Sole delle Alpi "non è un simbolo leghista"). Come molti hanno sottolineato in Rete, anche la svastica rappresentava il sole prima di (...) 

Giuseppe D'Elia