(segue) Dunque, probabilmente, i prodromi dell’impatto politico che l’evento
simbolico del crollo delle Twin Towers ha avuto sulla civiltà
occidentale si possono far risalire all’altro crollo simbolico, quello
del muro di Berlino, datato appunto 1989.
Quel crollo è stato propagandato, nella vulgata politica degli anni a
seguire, appunto come momento topico della fine delle ideologie. E il
crollo delle ideologie – o meglio la fine dell’esperienza comunista
sovietica e, con essa, la fine della cosiddetta Guerra Fredda tra il
blocco del capitalismo e quello del socialismo reale – veniva salutato
(ingenuamente?) come un viatico sicuro verso un’era di libertà, di
prosperità e di pace tra i popoli.
Peccato che, poi, le cose non siano andate affatto così.
Lo scorcio conclusivo del secondo millennio, infatti, ha addirittura
riportato la guerra nel cuore dell’Europa (seppur restando circoscritta
all’area balcanica). E il nuovo millennio, poi, è stato inaugurato
all’insegna di un preteso scontro di civiltà tra l’Occidente libero e
l’Islam (l’intero mondo islamico per i più fanatici; il solo Islam
fondamentalista per i più pacati). Uno scontro da vincere, ricorrendo
alla cosiddetta “dottrina Bush” (6) della guerra preventiva per
l’esportazione della democrazia, perché l’undici settembre appunto
‘dimostrava’ che un nuovo temibile nemico era alle porte e che, quindi,
d’ora in avanti, tutto sarebbe stato lecito pur di non soccombere.
Come ha scritto recentemente il filosofo e studioso di psicoanalisi
sloveno Slavoj Žižek, di fronte a uomini «pronti a distruggere questo
mondo per amore dell’altro mondo», dunque, si paravano altri uomini
«pronti a distruggere la loro democrazia in nome dell’odio per l’altro
musulmano» (7). E basta solo pensare a Guantanamo (8), Abu Ghraib (9) e
alla pratica degli interrogatori col cosiddetto waterboarding (10), per
rendersi immediatamente conto di quanto egli abbia centrato il punto.
Ma Žižek offre diversi altri utilissimi spunti di discussione nell’articolo citato.
Innanzi tutto sulle evidenti responsabilità di quelle sinistre deideologizzate che, come già si è accennato, finiscono per lasciare l’intero campo del discorso politico al pensiero della controparte, che tanto più si radicalizza, quanto più si diffonde incontrastato.
Innanzi tutto sulle evidenti responsabilità di quelle sinistre deideologizzate che, come già si è accennato, finiscono per lasciare l’intero campo del discorso politico al pensiero della controparte, che tanto più si radicalizza, quanto più si diffonde incontrastato.
«Dopo il crollo dei regimi comunisti del 1990, siamo entrati in una nuova era nella quale la forma predominante di esercizio del potere statale è diventata l’amministrazione esperta depoliticizzata e il coordinamento degli interessi. L’unico modo per introdurre un po’ di passione in questo campo, per mobilitare i cittadini, è la paura: la paura degli immigrati, della criminalità, della depravazione sessuale dei senza dio, di un’eccessiva interferenza dello stato (che si esprime con il controllo e l’aumento delle tasse), la paura della catastrofe ecologica, ma anche delle vessazioni (la correttezza politica è la forma esemplare della strategia della paura).
Questo tipo di politica fa sempre affidamento sulla manipolazione di folle spaventate e paranoiche, quelle che i greci chiamavano ochlos. Di conseguenza, l’evento politico più importante dei primi dieci anni del nuovo millennio è stato l’ingresso dei movimenti antimmigrazione nell’area dei partiti convenzionali, dopo aver finalmente tagliato il cordone ombelicale con quelli di estrema destra ai quali prima erano legati. Dalla Francia alla Germania, dall’Austria all’Olanda, nel nuovo spirito dell’orgoglio per la propria identità storica e culturale, adesso i partiti trovano accettabile sottolineare che gli immigrati sono ospiti che devono adattarsi ai valori culturali della società che li accoglie. “Questo è il nostro paese, prendere o lasciare”.
I progressisti, naturalmente, sono inorriditi da questo razzismo populista. Ma a guardare meglio scopriamo che il loro multiculturalismo tollerante e il loro rispetto per le differenze (etniche, religiose, sessuali) condivide con i movimenti antimmigrazione la necessità di tenere i diversi a debita distanza. Rispetto gli altri, ma loro non devono intromettersi troppo nel mio spazio. Nel momento in cui lo fanno, mi danno fastidio (…)».
Non va taciuto, poi, che l’articolo di Žižek prende le mosse da un
altro evento simbolico che, anticipando di pochissimo il decennale del
crollo delle torri, ne ha reso ancor più evidenti i nefasti effetti
socio-politici (ultranazionalismo, individualismo esasperato,
intolleranza, xenofobia, militarizzazione di ogni campo dell’esistenza),
sui quali qui si sta cercando di ragionare.
Ci riferiamo chiaramente al massacro dell’isola di Utøya (11), in
Norvegia, messo in atto, lo scorso 22 luglio, da un fondamentalista
cristiano: tale Anders Behring Breivik.
Estremamente significative le righe che Žižek dedica alla descrizione
del personaggio e del contesto politico in cui la sua delirante e
criminale iniziativa è maturata:
«Breivik è apertamente razzista, ma filosemita e filoisraeliano, perché lo stato di Israele è la prima linea di difesa contro l’espansione musulmana. Vorrebbe perfino vedere ricostruito il tempio di Gerusalemme. Insomma, paradossalmente è un nazista razzista filosemita. Come è possibile?
Una spiegazione potremmo trovarla nelle reazioni della destra europea alla strage di cui si è reso responsabile. Il suo mantra è stato che, pur condannando i suoi atti delittuosi, non dobbiamo dimenticare che esprimono “una legittima preoccupazione per problemi reali”. (…)».
In definitiva, a ben vedere, qui abbiamo la conferma del fatto che a
una sinistra evanescente – che nella sua ossessiva spinta moderatrice e
centrista, finisce con l’assumere quelli che dovrebbero essere i
tratti tipici di una destra liberale – si viene a contrapporre,
apertamente, una destra di massa che tende a far sue le tematiche di
fondo e l’irrazionalità del neofascismo, omettendo solo il richiamo
esplicito a quella tradizione politica.
Non a caso, in Italia, è stato proprio il leghista Mario Borghezio a
condannare la strage di Breivik, condividendone però le ragioni
ispiratrici: le stesse, a suo dire, espresse da Oriana Fallaci nelle sue
famose invettive anti-islamiche, post undici settembre (12).
Non a caso, proprio Borghezio è noto in Rete per i ‘preziosi’ suggerimenti, offerti alla destra identitaria francese:
«Bisogna rientrare nelle amministrazioni dei piccoli comuni, dovete insistere molto sull’aspetto regionalista del movimento (…), ci sono delle buone maniere per non essere etichettati come fascisti nostalgici, ma come un nuovo movimento regionale, cattolico, etc. ma sotto sotto rimanere gli stessi» (13).
Ed anche in questo caso, Žižek offre una descrizione assai puntuale dell’attuale contesto politico europeo:
«C’è un partito centrista predominante che rappresenta il capitalismo globale, di solito con un programma culturale liberale (tolleranza nei confronti dell’aborto, dei diritti dei gay, delle minoranze etniche e religiose, e così via). A contrastarlo c’è un partito populista antimmigrazione sempre più forte le cui frange estreme sono apertamente razziste e neofasciste».
In altre parole, come ormai dovrebbe essere chiaro, oggi in Europa la
partita politica sostanzialmente si viene a giocare tra due destre,
quella liberale (che, di fatto, ha quasi interamente occupato il campo
dell’altra parte) e quella xenofoba, autoritaria o neofascista che dir
si voglia.
Con buona pace delle sedicenti sinistre riformiste, autocondannatesi a una sostanziale irrilevanza politica.
per L'Indiependente
«Every nation, in every region, now has a decision to make.
Either you are with us, or you are with the terrorists».
_____________________________________(6) http://it.wikipedia.org/wiki/Dottrina_Bush
(7) http://www.internazionale.it/opinioni/slavoj-zizek/2011/08/19/le-radici-dell%E2%80%99odio-e-della-convivenza/
(8) http://en.wikipedia.org/wiki/Guantanamo_Bay_detention_camp
(9) http://www.repubblica.it/2004/d/sezioni/esteri/iraq21/raptag/raptag.html
(10) http://www.guardian.co.uk/media/video/2008/apr/22/amnesty.ad.waterboarding
(11) http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=157175
(12) http://www.youtube.com/watch?v=lE-J7iABcEQ
(13) http://archivio.denaro.it/VisArticolo.aspx/VisArticolo.aspx?IdArt=562302&KeyW=