Dall'Unione di centrosinistra alla disintegrazione in sette anni
Ci sono almeno due dati che queste elezioni mettono incontrovertibilmente davanti agli occhi di chiunque voglia cercare di comprendere la realtà per quello che è e non per quello che ciascuno, più o meno legittimamente, desidera.
Il primo dato, ormai innegabile, è la disintegrazione di una comunità politica: quel cosiddetto centrosinistra che nel 2006, con Prodi, raggiunse il suo miglior risultato elettorale di sempre (andando sopra quota 19 milioni di voti, alla Camera), oggi, si è letteralmente disintegrato.
Il Partito Democratico ― quel soggetto politico nato per risolvere tutte le contraddizioni di una comunità considerata, a ragione, fin troppo eterogenea ― è riuscito nella duplice impresa di perdere oltre 3 milioni di voti, rispetto al suo potenziale consolidato come singolo partito, e circa 9 milioni di voti complessivi, nel passaggio da una coalizione unitaria e contraddittoria a un partito che ha riassunto in sé tutte le contraddizioni irrisolte del vecchio centrosinistra, riproponendole, poi, in una politica di alleanze più esclusiva e fondata su una prospettiva di dialogo con quella destra moderata, con la quale ha già governato nello scorcio finale della passata legislatura.
I numeri sono numeri: si è passati dai 19 milioni di elettori che sceglievano Prodi 2006, ai 13,7 milioni di Veltroni 2008. E si finisce, oggi, coi 10 milioni di Bersani 2013.
Non credo vi sia molto altro da aggiungere sul punto.
Ma c'è un altro dato che invece va rimarcato con forza.
Tutto il declino della sinistra di questi anni si è fondato su un assunto costantemente smentito dalla realtà italiana: il dogma della governabilità attraverso la moderazione e la conquista di quel leggendario voto moderato, che ancora una volta si è rivelato essere ben poca cosa.
Sull'ascesa del M5S, infatti, molto è stato già detto e molto ancora vi sarà da dire, visto il suo straordinario successo elettorale.
Ma una cosa è certa e incontestabile: quegli 8,7 milioni di nostri concittadini ― più del doppio degli elettori del campione della moderazione, nonché sedicente Salvatore della Patria, prof. Sen. (a vita) Mario Monti ― che hanno votato la lista di Grillo non sono moderati e non chiedono moderazione.
Forse è da questa considerazione che dovrebbe ripartire la sinistra italiana.
Giuseppe D'Elia