mercoledì 12 dicembre 2012

C’ERA UNA VOLTA IL CRESCI ITALIA [2 di 4]

(segue) Alla luce di quanto abbiamo potuto osservare fin qui, non sembra poi così peregrina, l’idea che il trattamento riservato alla Grecia rappresentasse per qualcuno un ottimo metodo per indurre agevolmente tutti i PIGS ― Portogallo, Italia, Grecia e Spagna; cui si aggiunge anche l’Irlanda nella versione con la doppia “i” dello sgradevole acronimo suino (13) ― ad accettare senza troppe resistenze i diktat del pensiero dominante.

D’altra parte, ormai, vi è un diffuso consenso sull’insensatezza del metodo adoperato, se lo scopo finale è quello di preservare in ogni caso l’unione monetaria, quale garanzia primaria della tenuta e della solidità della moneta stessa e di tutta l’area euro.

Alessandro Leipold, per Il Sole 24 Ore, pur muovendosi sempre fuori dall’ottica dell’assunzione comunitaria del debito greco, traccia un quadro di una chiarezza lampante, sul punto:
«Non si può continuare sulla strada che ha condotto ad una recessione senza precedenti e ad un’allarmante inasprimento del clima sociale, che porterebbe prima o poi proprio alla fuoriuscita che si vuole evitare. Vi è ormai un coro crescente che denuncia i limiti all’aggiustamento in una situazione recessiva. Tra le voci più recenti, vi sono la ricerca (seppur criticata) del FMI sui moltiplicatori fiscali, gli studi della Banca di Francia e del National Institute of Economic and Social Research pubblicati questa settimana, e l’intervento del Premio Nobel per l’economia, Christopher Pissarides, alla British Academy a fine ottobre. Alla luce di tanti autorevoli interventi e dell’esperienza stessa, vanno riconosciute almeno tre esigenze imprescindibili: l’aggiustamento greco va spalmato su un periodo più lungo (si cominci almeno con due anni in più); l’onere del debito va alleviato non solo, come pare acquisito, con interessi più bassi e scadenze più lunghe, ma anche con una ristrutturazione vera e propria del debito verso i creditori ufficiali; e il financing gap che rimane va colmato con un mix ragionevole di aggiustamento e finanziamento. A questo riguardo, la condizionalità andrebbe circoscritta a quanto è veramente critico da un punto di vista macroeconomico: non può essere (come lo è stata) un albero dei desideri al quale viene appesa ogni misura auspicabile, oltrepassando di gran lunga la capacità attuativa di un Paese dalle istituzioni deboli» (14).
E sostanzialmente l’accordo di due settimane fa, tra Eurogruppo e FMI, per lo sblocco di una nuova tranche di aiuti alla Grecia, si è mosso appunto su queste linee, diciamo così, più accomodanti: «riacquisto da parte della Grecia di una quota dei bond in circolazione, riduzione significativa dei tassi di interesse sui prestiti bilaterali e delle commissioni sui prestiti EFSF; allungamento di 15 anni della durata dei rimborsi e rinvio di 10 anni dei pagamenti degli oneri» (16).

Si poteva dunque agire diversamente. Ma, forse, se fin dall’inizio si fosse cercato di risolvere la crisi greca senza esasperarla, personaggi chiave di questa fase storica come il tuttora in carica ― ancorché dimissionario (17) ― prestigiosissimo Presidente del Consiglio dei ministri italiano, Mario Monti, avrebbero dovuto fare uno sforzo maggiore sul piano comunicativo per spiegare le proprie scelte di politica economica. Vuoi mettere la comodità e l’efficacia mediatica di un: meglio pagare più tasse che“finire come la Grecia” (18)?

Qui viene in rilievo il ruolo decisivo di un’informazione mainstream che, purtroppo, continua a essere tutt’altro che indipendente. Infatti, come già segnalavamo, in sede di analisi dei primi cento giorni di operato del nostro governo tecnico (19), su un problema serio è reale, qual era l’eccessivo aumento degli interessi da pagare sui titoli del debito pubblico nazionale, si è innestata una costruzione mediatica di natura emergenziale, secondo la quale il Paese era ormai “sull’orlo del baratro” (20): anche il lettore più distratto che, però, un minimo segue le vicende politiche, facendo mente locale, ricorderà bene quante volte, nel corso dell’ultimo anno, i principali media nazionali hanno dato ampio risalto a questa immagine. Come se l’Italia non avesse un PIL che è quasi sei volte quello della Grecia e non fosse la terza economia dell’area euro e una delle economie più floride del pianeta (21). Come se nel nostro Paese non ci fosse un impressionante problema di ineguale distribuzione di una ricchezza che è comunque ingente (il famigerato 45% circa di ricchezza nazionale complessiva, che si concentra nelle mani del 10% delle famiglie più ricche), anche al netto della enorme quota di economia sommersa (il leggendario tesoretto da 490 miliardi di euro (22): quasi un terzo del PIL nazionale). Come se il debito pubblico, fosse un problema in quanto tale e non un dato che va sempre analizzato in rapporto a tutti i fondamentali macroeconomici dello Stato indebitato (non ultimi in importanza la scadenza dei crediti e la natura soggettiva dei titolari degli stessi).

Ma se su tutte queste cose possiamo evitare di dilungarci nuovamente, avendole già analizzate a suo tempo, restano invece ancora in sospeso, essendosi dipanati nei mesi successivi alla nostra precedente uscita, gli altri due pilastri dell’azione di questo governo: dopo il Salva Italia, infatti, la macchina di propaganda governativa proponeva il Cresci Italia e la Spending Review (modo esterofilo, quest’ultimo, per definire quella che sostanzialmente è un’operazione di tagli alla spesa pubblica).

Riguardo a quest’ultima, va sottolineato solamente che non si tratta di un’innovazione, ma del proseguimento di un’opera già avviata dai precedenti governi a partire dal 2007. Rispetto al recente passato la differenza consisterebbe nel passaggio dalla logica dei tagli lineari (che, in un periodo successivo, potrebbe rivelarsi addirittura controproducente a causa dei cosiddetti “rimbalzi” di spesa) a quella di tagli mirati (23).

Come è ovvio, il taglio può effettivamente andare a incidere su costi eccessivi, frutto magari di dinamiche corruttive, così come può andare a ridurre il personale e i servizi erogati.

L’unico taglio che produce effetti positivi è chiaramente quello della prima specie, mentre in prosieguo di analisi si comprenderà perfettamente perché soprattutto le riduzioni di personale andrebbero evitate in una fase recessiva, come quella che sta ancora attraversando il nostro Paese.

Del primo provvedimento, invece, già ci eravamo in parte occupati, quando era ancora, in fieri, sottolineando come ci sembrassero un po’ troppo enfatiche ed ottimistiche le previsioni che si potevano leggere ― «Il decreto legge rinominato dal presidente del Consiglio Monti “Cresci Italia” consentirà nel breve periodo, di traghettare l’economia nazionale fuori dalla spirale recessiva (…)» ― sul sito del Governo italiano (24).

Fine della recessione nel breve periodo, dunque; crescita a ritmi europei e secondo equità, nel medio periodo, le prospettive di sintesi del programma governativo.
Possiamo incominciare a vedere, ora, cosa ci dicono gli indicatori economici, su questi punti.

Una prima chiarissima sintesi ce la offre Guglielmo Forges Davanzati, su MicroMega di qualche giorno fa (25):
«Sul piano della politica economica, il bilancio del governo Monti non è particolarmente entusiasmante. Tre dati possono essere sufficienti per attestarlo: circa centomila individui hanno perso lavoro nel corso dell’ultimo mese, come rilevato nell’ultimo Rapporto ISTAT, con un tasso di disoccupazione giovanile (superiore al 30%) che ha raggiunto, in Italia, il suo massimo storico; è notevolmente aumentato il numero di fallimenti di imprese, con oltre cento crisi industriali in atto; il rapporto debito/PIL è aumentato di 6 punti percentuali nel corso dell’ultimo anno. In altri termini, appare sempre più evidente che ciò che viene definita “crisi” è oggi niente altro che l’inevitabile effetto di politiche fiscali restrittive attuate in un contesto di calo della domanda aggregata; politiche che questo Governo, più del precedente, ha perseguito con la massima tenacia».
Ma possiamo andare un po’ più a fondo e scoprire che il peggioramento del rapporto debito pubblico/PIL è frutto di un doppio dato negativo, se solo si considera che: 1) il prodotto interno lordo, secondo le stime (in dollari) del FMI decresce ancora, di circa 41 miliardi su base annua, riportandoci ai livelli di ricchezza del 2001 (26) e facendo registrare un arretramento del 2,4%, stando ai dati Eurostat (27); 2) lo stock di debito pubblico accumulato continua a crescere, aggirandosi oggi intorno ai 2000 miliardi (di euro): una crescita media di oltre 8 miliardi al mese, nei primi 10 mesi dell’anno, come facevano recentemente notare Federconsumatori e Abusdef (28).

Come si sia potuta realizzare questa congiuntura così negativa, lo si capisce immediatamente, leggendo con attenzione questo breve passaggio dell’analisi dell’operato del governo tecnico, uscita poche settimane fa su Sbilanciamoci.info (29):
«Il rapporto debito/PIL, il parametro che più influenza la vulnerabilità del debito dello Stato, ha superato il 126%, quasi sei punti percentuali in più rispetto all’anno precedente; alla crescita ha contribuito il fabbisogno finanziario dello stato, nei primi nove mesi dell’anno quasi identico a quello dei due anni precedenti, e la diminuzione del prodotto, anche di quello espresso a valori correnti. Malgrado le numerose e pesanti manovre fiscali, tra le quali l’introduzione dell’IMU, l’innalzamento dell’aliquota ordinaria IVA, l’inasprimento delle accise sui carburanti, le maggiori imposte di bollo, oltre al fiscal drag e alle ancora insufficienti misure di contrasto all’evasione, le entrate fiscali sono cresciute in misura limitata; il gettito IVA, a causa del crollo dei consumi, è sceso. Le spese, limitate sul piano interno, hanno risentito degli esborsi ― circa 18 miliardi nei primi nove mesi dell’anno ― che anche l’Italia ha effettuato per finanziare le misure europee di intervento per gli altri paesi europei in difficoltà».
Quest’ultimo dato è particolarmente significativo: si tratta di una parte della quota che l’Italia versa soprattutto per il cosiddetto Fondo salva Stati, oltre che per il Meccanismo europeo di stabilità, suo sostituto.

L’entità delle cifre è considerevole:
«Nel 2012 il governo stima di concedere finanziamenti complessivi in favore di Grecia, Irlanda e Portogallo per 29,5 miliardi che saranno sempre erogati dall’EFSF. In più bisogna conteggiare i versamenti per la sottoscrizione della quota italiana al capitale dell’ESM, (l’European Stability Mechanism), il meccanismo permanente destinato a sostituire il vecchio Fondo salva Stati. Si tratta di circa 5,6 miliardi da versare in due rate» (30).
Per dare immediata contezza di quanto pesi questa voce di spesa sul nostro bilancio, può essere utile raffrontarla con una consistente voce di entrata, la patrimoniale diffusa che il governo tecnico ha messo a carico di tutti i proprietari di immobili, compresi quelli che hanno solo la proprietà dell’abitazione in cui vivono. Ebbene: il gettito IMU 2012, da recenti calcoli (31), risulta andare anche oltre la stima originariamente prevista di 21 miliardi. E tuttavia nemmeno destinando tutti i 28 miliardi (proventi IMU preventivati + extra-gettito) di questa entrata si riuscirebbero a coprire per intero le suddette spese comunitarie (oltre 35 miliardi di euro, in complesso). Ulteriore effetto collaterale della moneta unica, in assenza di Stato unico.

Ma, assodata la persistenza della fase recessiva e del contemporaneo incremento del debito pubblico, c’è un altro dato che inquieta e preoccupa: il numero complessivo dei disoccupati.
«In soli dieci mesi, tra novembre 2011, data d’insediamento del governo Monti, e settembre 2012, sono aumentati di 416mila unità, passando dai 2 milioni e 359mila di novembre 20011 ai 2milioni e 774mila di settembre 2012» (32).
Un mese dopo, l’Istat registra un ulteriore incremento ci poco meno di centomila unità, per un numero complessivo di disoccupati di 2,87 milioni di persone, cui vanno aggiunti (per una singolare coincidenza) un’analoga cifra in termini di lavoratori precari: giusto 7mila in più (33).

Dunque, al momento, in Italia, non vi è traccia né di crescita economica, né di equità. E ci pare proprio che prenda corpo, con una certa consistenza, l’ipotesi che le favole, in realtà, le raccontino gli esponenti tecnici e politici del partito dell’austerità e i media complici, che continuano a spacciare per valide delle ricette ideologiche, fin qui, ripetutamente smentite dall’evidenza empirica.
(continua)

Giuseppe D'Elia

 per L'Indiependente.it   
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(13) http://it.wikipedia.org/wiki/PIGS

(14) http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-11-03/atene-troika-cambi-rotta-090653.shtml?uuid=Ab4oodzG

(15) http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-11-27/grecia-notte-troika-trova-081805.shtml?uuid=AbMP6k6G

(16) http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-11-27/grecia-notte-troika-trova-081805.shtml?uuid=AbMP6k6G

(17) http://www.linkiesta.it/monti-dimissioni

(18) http://tg24.sky.it/tg24/politica/2012/03/31/monti_wen_jiabao_italia_cina.html

(19) http://mementotnemem.blogspot.it/2012/03/30032012-governo-tecnico-e-messa-tra.html

(20) http://www.repubblica.it/politica/2011/10/06/news/montezemolo_confindustria-22816708/

(21) http://bit.ly/U5RkCO

(22) http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=17035&typeb=0&Evasione-fiscale-490-miliardi-di-bottino

(23) http://www.cgiamestre.com/wp-content/uploads/2012/05/02-Senato.pdf

(24) http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/cresci_italia/

(25) http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-potere-di-generare-crisi/

(26) http://www.linkiesta.it/italia-economia-congiuntura-decennio-perso

(27) http://www.wallstreetitalia.com/article/1468622/pil-italia-2-4-in-iii-trimestre-tasse-dicembre-94-5.aspx

(28) http://www.umbrialeft.it/notizie/consumatori-governo-monti-debito-pubblico-cresce-8-miliardi-al-mese

(29) http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/italie/L-anno-perduto-di-Mario-Monti-15511

(30) http://www.corriere.it/economia/12_giugno_11/piani-ue-italia-paghera-48-miliardi_9194b364-b385-11e1-a52e-4174479f1ca9.shtml

(31) http://www.borsaitaliana.it/borsa/notizie/radiocor/economia/dettaglio/nRC.html

(32) http://www.economiaepolitica.it/index.php/lavoro-e-sindacato/altro-che-spread-la-vera-emergenza-e-la-disoccupazione/#.UMTLbPnjn0p

(33) http://www.repubblica.it/economia/2012/11/30/news/disoccupazione_giovanile_record/