L'arroganza del Potere. Passerà alla storia con questa didascalia l'immagine di un ministro in carica che, letteralmente, cerca di buttar fuori un cronista, reo di aver posto una domanda scomoda al capo del governo. Non a caso, insomma, quest'istantanea ha fatto immediatamente il giro del web, per essere poi ripresa anche dalla stampa di mezzo mondo. E se lo sguardo dell'osservatore si sposta dal dettaglio al quadro d'insieme, le cose non migliorano affatto. Perché quella scena avviene davvero in un contesto surreale. Perché per l'ennesima volta, in sedici anni di cronache politiche, il primo ministro italiano proclama l'infallibilità della sua parte, vittima di fantomatici complotti della fazione avversa, messi in atto, al solito, con la complicità di alcuni giudici.
Il tutto nel corso di una conferenza stampa farsesca, in cui, mentre si continuava a raccontare la storiella della competizione elettorale regionale falsata dall'assenza della lista del principale partito, si ammetteva candidamente che il sostegno del medesimo partito, a questo punto, sarebbe stato indirizzato direttamente verso il listino del candidato presidente. Con il che, da un lato, si rivelava l'inconsistenza dell'argomento urlato per giorni della competizione con un solo candidato presidente in campo (quello della fazione che complotta coi giudici per sovvertire la volontà popolare, ovviamente); dall'altro si svelava come l'unico vero problema fosse che su certe poltrone non si sarebbero potuti accomodare i prescelti del preteso principale partito. Quello stesso partito che – sia ben chiaro – se è, o non è, principale lo decidono di volta in volta gli elettori, valutandone i comportamenti. E tra i comportamenti non rientra anche la capacità di consegnare una lista per tempo e non all'ultimo minuto? Per non parlare dell'incapacità di ammettere i propri errori e della forzatura di un decreto mal scritto, fatto firmare in fretta e furia al Presidente della Repubblica, pur di provare a rientrare in gioco.
Giuseppe D'Elia